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La vitamina D3, conosciuta anche con il nome di colecalciferolo, è un composto appartenente alle vitamine liposolubili del gruppo D: questo significa che il suo trasporto nel liquidi biologici (sangue e linfa) presuppone la presenza di un carrier, in quanto la molecola mostra affinità soltanto con i lipidi, ma non con l’acqua.
Dal punto di vista strutturale si tratta di un composto steroideo, con affinità con il colesterolo e il cortisolo, che può essere presente in due forme:
Già questa suddivisione morfologica e funzionale è indicativa del fatto che la vitamina D3 possiede caratteristiche particolari che la rendono estremamente delicata da utilizzare.
Il suo precursore, che è il deidro-colesterolo, può infatti essere trasformato in colicalciferolo soltanto se sottoposto alla radiazione ultravioletta, una condizione strettamente dipendente dalla presenza di sole.
Proprio per tale motivo, l’assenza di luce solare è incompatibile con la produzione endogena di questa vitamina, che pertanto mostra evidenti stadi carenziali nelle popolazioni nordiche (dove il sole compare soltanto poche ore al giorno).
La sua sintesi, che avviene nelle cellule epidermiche, si verifica soltanto in presenza della luce solare.
Il suo principale ruolo biologico è collegato al trofismo del tessuto osseo, nel quale svolge indispensabili funzioni di fissaggio del calcio, necessarie per aumentare la durezza della matrice ossea.
Le sue funzioni sono collegate a due ormoni; la calcitonina e il paratormone, senza i quali non si innescano le funzioni biochimiche della vitamina.
Dal calcitriolo, che è un precursore inattivo, si formano sia il colecalciferolo (vitamina D3) che l’ergocalciferolo (vitamina D2), dalla cui associazione deriva la forma definitiva della vitamina D.
La principale sorgente di vitamina D3 è costituita dalla produzione endogena a livello cutaneo che, partendo dal colesterolo e in presenza di radiazioni ultraviolette (soprattutto UVB), porta alla produzione del composto liposolubile.
È possibile anche introdurre questo principio attivo per via esogena, mediante integratori contenenti vitamina D3, dato che soltanto pochi cibi lo contengono.
Infatti per via alimentare la quota che può essere assunta è veramente insignificante e comunque insufficiente per l’omeostasi organica.
Il colecalciferolo si trova in: fegato, tuorlo d’uovo, alcuni pesci e poche specie fungine.
Secondo la maggior parte dei biochimici e dei dietologi, l’intake nutrizionale della vitamina D3 spesso non è adeguato alle esigenze del soggetto e pertanto diventa necessaria un’integrazione con rimedi specifici, preferibilmente monocomponenti.
Anche se in commercio sono disponibili molti prodotti multi-vitaminici che dichiarano di contenere colecalciferolo, è sempre meglio orientarsi verso preparati a base della molecola da sola, per avere la certezza che le sue funzioni siano efficaci.
Le raccomandazioni dietetiche che la riguardano hanno un ampio margine di tolleranza, pe4r cui ogni individuo dovrebbe capire (attraverso dosaggi ematici ripetuti ciclicamente) quale sia il suo dosaggio ottimale.
Non tutte le persone infatti hanno il medesimo metabolismo per questa molecola e di conseguenza il loro fabbisogno giornaliero è altamente soggettivo.
A differenza della maggior parte dei composti vitaminici che possono essere impiegati senza nessun controllo, dato che un eventuale surplus viene comunque eliminato per via renale, la vitamina D3 deve essere monitorata ciclicamente.
Questa caratteristica dipende dalla sua azione di controllo sul ricambio di calcio, magnesio e fosfati, minerali che devono mantenersi entro la soglia fisiologica per non provocare l’insorgenza di disturbi.
Sia la quota vitaminica introdotta con la dieta, sia quella sintetizzata autonomamente a livello cutaneo non sono biologicamente attive, ma richiedono l’intervento di un processo catalitico ad opera di un enzima proteico idrossilante.
Soltanto in seguito a tale idrossilazione, infatti, la vitamina D3 viene resa funzionante dal punto di vista biochimico e quindi può essere metabolizzata.
La sua attivazione si verifica nel fegato e nei reni, dove questa molecola subisce una vera e propria modificazione morfologica.
Pertanto lo schema di produzione è il seguente:
Esiste una controversia sulla definizione biomolecolare del colecalciferolo che secondo alcuni studiosi non sarebbe una vera vitamina, ma piuttosto un pro-ormone, che viene poi trasformato in calcitriolo attivo.
Trattandosi di un composto liposolubile, la vitamina D3 può essere dosata nel siero del sangue, dove svolge le importantissime funzioni sull’omeostasi del calcio.
La sua struttura chimica di secosteroide si caratterizza per una forma ad anello aperto, dove cioè uno dei vari legami si è rotto: non si tratta di un errore di sequenza, ma di un requisito specifico della molecola.
La pro-vitamina deidro-colesterolo, che si trova concentrata nelle cellule dell’epidermide, è in grado di assorbire l’energia radiante del sole, indispensabile per le reazioni di isomerizzazione.
Il processo di sintesi cutanea di vitamina D3 avviene soltanto quando il grado di esposizione è adeguato.
Le funzioni della vitamina D3 sono possibili soltanto quando la molecola si lega a specifici siti recettoriali, localizzati all’interno del nucleo delle cellule bersaglio.
Un simile comportamento è indicativo proprio della selettività delle attività biologiche del composto.
In seguito a un simile legame si verifica una modulazione dell’espressione genica delle proteine trasportatrici del calcio, che ne condizionano l’assorbimento intestinale.
I recettori implicati, che hanno a loro volta una struttura steroidea, si trovano distribuiti praticamente in tutto il corpo, soprattutto nelle gonadi, nel cervello, nelle mammelle, nella prostata e sulla pelle (aree anatomiche con una notevole componente lipidica).
L’attivazione della vitamina D3, che avviene a livello delle cellule di intestino, reni, ossa e paratiroidi, serve per controllare i livelli ematici di calcio e fosforo e al corretto trofismo del tessuto osseo (con il supporto di calcitonina e paratormone).
Una delle funzioni più importanti di questa vitamina è quella di mantenere l’equilibrio del calcio presente nello scheletro, incentivandone l’assimilazione intestinale e il riassorbimento osseo.
In un simile processo entrano in azione gli osteoblasti (cellule deputate alla sintesi di tessuto osseo) e gli osteoclasti (cellule che contribuiscono alla sua distruzione), che devono mantenersi in equilibrio.
Il calcio, che insieme ai fosfati costituisce l’elemento fondamentale per il ricambio osseo, si trova in parte nel sangue e in parte legato alle cellule ossee.
Quando l’osso si trova in uno stato carenziale di calcio, immediatamente vengono mobilitate le riserve ematiche per ripristinare l’equilibrio biologico; quando al contrario questo minerale è troppo abbondante, si verifica il processo opposto ed esso passa nel sangue.
La vitamina D3 sovraintende queste reazioni, per consentire alle ossa di mantenere inalterato il loro trofismo, da cui dipendono le funzioni scheletriche.
Essa è indispensabile anche per il rimodellamento dell’impalcatura osteo-articolare che, soprattutto nella prima infanzia e nell’anziano, è sottoposta a squilibri di vario genere (soprattutto carenziali).
Oltre a questa basilare funzione, la vitamina D3 serve anche per altri compiti, tra cui:
Uno dei suoi compiti più importanti rimane comunque il mantenimento dell’equilibrio del calcio scheletrico, che dipende dall’aumento di riassorbimento intestinale e dal miglioramento della sua bio-disponibilità.
Gli alimenti più ricchi di vitamina D3 sono:
Sono disponibili alcuni alimenti fortificati e arricchiti di vitamina D3, come:
La maggior concentrazione di colecalciferolo è sintetizzata per via endogena nella pelle e quindi non deriva dall’apporto alimentare; tale processo sintetico parte dal colesterolo e richiede la presenza di radiazioni UV.
Il fabbisogno giornaliero di questo composto è strettamente legato all’età ed è compreso tra 10 e 100 microgrammi al giorno.
Oltre ai requisiti quantitativi è essenziale valutare anche quelli qualitativi del composto che, per svolgere i suoi compiti biologici, deve essere attivato.
È proprio questa forma inattiva che rende la molecola un pro-ormone piuttosto che una vera vitamina, dato che per svolgere le sue funzioni deve essere trasformata nell’ormone calcitriolo.
Pur essendo correlata principalmente all’omeostasi di calcio em fosfati, la vitamina D3 partecipa a numerosi processi metabolici dell’organismo, soprattutto a livello nucleare relativamente alla replicazione del DNA.
Di conseguenza viene monitorata la sintesi delle proteine dipendenti dalle varie sequenze nucleotidiche, con effetti ad ampio raggio su tutte le funzioni biomolecolari.
Lo stretto legame tra il composto e la sintesi proteica conferma ancora maggiormente il suo ruolo di pro-ormone.
Tenendo conto del fatto che questa molecola non è abbondante nei cibi e che richiede l’indispensabile intervento del sole per essere sintetizzata, si deduce che la sua concentrazione serica può rivelarsi insufficiente.
In simili condizioni è necessario ricorrere a fonti alternative di supplementazione, come ad esempio integratori formulati con la forma già attivata del composto.
Il fabbisogno giornaliero di vitamina D3 è estremamente variabile e dipende sia dall’età che dallo stile di vita del soggetto.
Il dosaggio massimo tollerato non deve mai superare i 100 microgrammi, un valore oltre al quale la vitamina D3 potrebbe causare una serie di disturbi metabolici.
Simili concentrazioni che, in qualsiasi parte del mondo, sono sempre espresse in microgrammi, possono subire variazioni considerevoli in rapporto all’indice di esposizione solare.
Infatti in presenza di un’adeguata presenza di radiazioni ultraviolette, la produzione endogena risulta maggiore e quindi l’integrazione può essere più bassa.
La carenza di questa vitamina, che è un disturbo valutabile con un semplice test ematico, provoca numerose conseguenze, che sono:
I segni più evidenti della carenza di vitamina D3 sono i seguenti:
Esiste una stretta correlazione tra calcio e vitamina D3, in quanto entrambe le molecole fanno parte del metabolismo osseo.
La fissazione del calcio alla matrice ossea dipende dalla presenza di vitamina D, senza la quale si verifica uno squilibrio funzionale tra osteobasti e osteoclasti.
Per ripristinare le correte concentrazioni di calcio in soggetti affetti da deficit carenziali, è necessario incentivare l’assunzione di queste due molecole mediante l’assunzione di integratori, il cui meccanismo d’azione si concentra sul metabolismo del calcio.
Il colecalciferolo assunto per via orale viene dapprima assorbito a livello intestinale e poi legato a specifici carrier che lo trasportano al fegato e al rene dove avviene la conversione in calcitriolo, che è la forma vitaminica attivata.
Questo composto si lega a recettori nucleari modulando l’espressione genica di proteine come la calcio-calmodulina, responsabile dell’assorbimento intestinale di calcio e del suo riassorbimento reale.
Contemporaneamente la vitamina D3, che si comporta in maniera simile agli ormoni steroidei, migliora la mineralizzazione ossea.
Il calcio invece, dopo essere stato assorbito dalla mucosa intestinale, diventa disponibile per le varie esigenze dell’organismo.
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