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Letteralmente il termine “vitamina” significa “ammine della vita” in riferimento all’essenziale ruolo biologico di questi macro-nutrienti, indispensabili per la sopravvivenza.
Le ammine biogene sono composti azotati derivati dalla decarbossilazione degli aminoacidi ad opera della flora batterica simbionte che si trova nell’ambiente.
Per questo motivo le vitamine sono localizzate in numerosi alimenti di origine sia vegetale che animale, anche se la loro concentrazione è più alta nei cibi dotati di rapida deteriorabilità.
Le vitamine si dividono in due gruppi:
Entrambe le classi svolgono funzioni importantissime per l’organismo, tanto da essere considerate indispensabili per il benessere.
La loro attività è prevalentemente regolatrice sulle reazioni biologiche, ma non sul metabolismo energetico.
La vitamina D, considerata un efficace fattore anti-rachitismo, partecipa soprattutto al metabolismo del calcio nel tessuto osseo.
Esistono due forme di questa vitamina, che sono:
L’ergocalciferolo si ottiene da un precursore (ergosterolo) che è un composto di natura vegetale, mentre il colecalciferolo deriva dal colesterolo che, a livello cutaneo e in presenza di raggi ultravioletti, produce la vitamina D3, che è quella biologicamente attiva.
Il quantitativo esogeno di vitamina D (che è quello introdotto con gli alimenti) viene impiegato soltanto per il 30%, dato che la sua maggiore percentuale utilizzabile (il 70%) deriva da processi di sintesi endogena.
Il suo compito principale rimane quello di monitorare l’assorbimento intestinale di calcio, magnesio e fosfato, minerali indispensabili per mantenere sotto controllo il metabolismo del tessuto osseo.
La matrice ossea viene prodotta per opera degli osteoblasti, cellule sottoposte a un continuo turnover e su cui la vitamina D agisce consentendo loro di fissare il, calcio.
La carenza di questo elemento è la principale causa della rarefazione del tessuto, che si traduce in fragilità ossea, tendenza alle fratture e, in casi estremi, osteoporosi.
La vitamina D interviene indirettamente sul trofismo osseo, ma in maniera essenziale, tanto che la sua carenza provoca disturbi all’apparato scheletrico che, nella prima infanzia, sono responsabili di rachitismo, mentre in età adulta di osteomalacia.
La principale sorgente naturale di questo macro-nutriente è di tipo endogeno, a partire dai precursori presenti nell’organismo, che vengono trasformati in molecole biologicamente attive dall’intervento dei raggi UVB.
Attraverso una complessa serie di reazioni chimiche, il colesterolo modifica la sua composizione fino a formare il colecalciferolo.
Quando simili processi non sono sufficienti e subentra il rischio di carenze vitaminiche, è sempre opportuno ricorrere a un’adeguata supplementazione con integratori, dato che la percentuale di vitamina D introdotta con gli alimenti è praticamente insignificante.
Un’abitudine del genere è molto consigliata in quanto bisogna valutare l’indice di rischio per l’insorgenza di tumori alla pelle, provocati da eccessiva esposizione solare.
Pertanto, per evitare simili situazioni, è preferibile assumere periodicamente integratori a base di vitamina D piuttosto che sottoporre l’organismo a stress radianti con UVB che, pur non essendo nocive come le UVA, possono comunque innescare un dannoso effetto cumulativo.
Sia la vitamina D introdotta con il regime dietetico, sia quella sintetizzata per via endogena, sono forme inattive, che devono essere attivate mediante un processo enzimatico di idrossilazione.
La trasformazione della vitamina D inattiva in calcitriolo (forma attiva) è un procedimento che si verifica principalmente a livello renale, un distretto da cui la molecola viene trasferita nel sangue (frazione plasmatica) svolgendo il ruolo di pro-ormone.
Da tempo si discute se questo elemento sia una vitamina oppure un ormone, dato che il suo metabolismo mostra caratteristiche intermedie tra i due composti.
Tuttavia la nomenclatura medico-scientifica continua a considerare l’ergocalciferolo come una vitamina.
Infatti i suoi compiti sono di promuovere l’accrescimento fisiologico dello scheletro, di rimodellarne le forme e di prevenire la sua degenerazione senile.
Col termine “vitamina D” si indicano tutti gli steroidi che svolgono un’attività biologica simile a quella del calciferolo, un composto 100 volte più attivo del suo precursore.
Questa molecola si trova concentrata soprattutto all’interno del nucleo cellulare, dove può agire come fattore di trascrizione in grado di modulare l’espressione genica delle proteine trasportatrici (carrier biologici).
Sono proprio queste proteine di trasporto a consentire il trasferimento del calcio nell’intestino.
I recettori della vitamina D appartengono al gruppo di quelli degli ormoni steroidei e tiroidei, a conferma dello stretto rapporto funzionale con le ghiandole endocrine.
Grazie all’attivazione di simili recettori è quindi possibile regolare la concentrazione di calcio e fosforo nel sangue, conservando il tessuto osseo in uno stato di benessere fisiologico.
In questi meccanismi intervengono anche il paratormone e la calcitonina, due molecole indispensabili per il trofismo osseo.
Il principale compito della vitamina D è di garantire l’equilibrio del calcio scheletrico, stimolando l’assorbimento intestinale quando la sua disponibilità è carente.
Al contrario, se la concentrazione tende ad aumentare, la vitamina D agisce in senso opposto, dato che promuove il catabolismo del calcio ad opera degli osteoclasti.
Tenendo conto del ruolo fondamentale che essa svolge a livello dell’omeostasi, è chiaro che la carenza di questa vitamina provoca sintomi piuttosto significativi, tra cui:
La vitamina D agisce anche sul sistema immunitario, poiché i suoi recettori sono strettamente collegati alla produzione di anticorpi in caso di aggressioni da parte di agenti patogeni.
Pertanto stati carenziali di questo macro-nutriente sono responsabili dell’insorgenza di immuno-deficienza acquisita, soprattutto riguardo alla produzione di linfociti B e di linfociti T, di monociti e di macrofagi.
La carenza di vitamina D incide poi sulla sintesi di glutatione, di ossido nitrico e di alcuni fattori neuro-trofici, oltre che di tirosina.
Le principali funzioni di questa vitamina sono:
Pertanto carenze vitaminiche si riflettono su tutte queste funzioni.
Per confermare la presenza di un deficit vitaminico è sufficiente eseguire un semplice esame del sangue con dosaggio della molecola.
Le manifestazioni più tipiche della carenza di vitamina D sono:
In condizioni fisiologiche, un corretto regime dietetico e un’adeguata esposizione alla luce solare (tipica delle nostre latitudini) sono presupposti sufficienti per non sviluppare carenze vitaminiche di colecalciferolo.
Il fabbisogno giornaliero della vitamina D è influenzato soprattutto dall’età:
Buona parte della vitamina D assunta con la dieta oppure prodotta sulla pelle per sintesi endogena non è biologicamente attiva, e quindi il suo fabbisogno può essere influenzato anche dalla presenza (o meno) dell’enzima carbossilasi, indispensabile per attivare la molecola.
Gli alimenti contenenti vitamina D sono pochi e appartengono tutti alla specie animale, per cui i vegetariani e i vegani sono penalizzati per quanto riguarda l’apporto esogeno, ma non quello endogeno.
Bisogna inoltre ricordare che oltre l’80% del fabbisogno giornaliero di questo elemento viene garantito dall’esposizione solare (raggi UVB).
I cibi che contengono vitamina D sono:
La cottura contribuisce a denaturare il composto, per cui sarebbe preferibile consumare (quando possibile) alimenti crudi.
Per stabilire se può essere opportuno assumere integratori contenenti vitamina D è necessario effettuare il suo dosaggio nel sangue.
Secondo attuali indici di riferimento, il dosaggio medio del composto è di 2 microgrammi al giorno in età adulta, mentre in altre fasce d’età i valori sono differenti.
Le condizioni per cui è necessario ricorrere a un’integrazione vitaminica sono le seguenti:
In tutte questa condizioni è raccomandato servirsi di integratori a base di vitamina D, che di solito sono formulati in fiale da bere oppure da iniettare, capaci di sfruttare al meglio le caratteristiche di liposolubilità del rimedio.
La tossicità da vitamina D è un fenomeno rarissimo, dato che questo macro-nutriente è dotato di un’elevata compatibilità biologica e non provoca dannosi accumuli metabolici.
Tuttavia è consigliabile non prolungare troppo a lungo la sua somministrazione che, essendo in forma liquida, riesce a interagire rapidamente con l’organismo.
La soglia di tossicità è stata stabilita al valore di 4000IU al giorno, corrispondenti a 100 microgrammi nelle 24 ore.
Anche se lo schema posologico è strettamente soggettivo in quanto dipende dall’età, dal sesso e dalle condizioni di salute, il periodo di impiego di integratori a base di vitamina D non dovrebbe mai superare le 3-4 settimane.
In caso di sovra-dosaggio, condizione per cui è indispensabile sospendere immediatamente l’assunzione del prodotto, di solito compaiono i seguenti segnali:
In simili condizioni, anche in presenza di uno solo di questi sintomi, bisogna sospendere subito l’uso degli integratori ed eseguire un test ematico di dosaggio serico.
La vitamina D può essere utile per dimagrire in quanto, analogamente alla vitamina C, contribuisce ad accelerare i processi metabolici limitando l’assimilazione di alcuni nutrienti (tra cui soprattutto i lipidi e i carboidrati).
Numerose ricerche scientifiche di nutrizione hanno evidenziato come la carenza di questa vitamina può incidere sull’aumento ponderale, dato che il metabolismo è rallentato.
Le persone in sovrappeso di solito mostrano livelli di calciferolo nettamente inferiori a quelli di soggetti normo-peso, un fenomeno particolarmente evidente nelle donne in menopausa.
Un aumento della concentrazione plasmatica di vitamina D può provocare una perdita di peso pari al 15% della massa corporea totale, un valore molto significativo in quanto collegato al potenziamento delle reazioni metaboliche.
Pertanto, anche se non è stato ancora evidenziato un chiaro rapporto causa/effetto tra la vitamina D e il dimagramento, una sua corretta assunzione consente di mantenere sotto controllo anche il peso corporeo.
L’eccesso di vitamina D è un fenomeno estremamente raro, dato che la sua concentrazione plasmatica viene mantenuta sotto controllo da un complesso sistema ormonale comprendente paratormone e calcitonina.
Inoltre il suo fabbisogno quotidiano, tranne alcuni casi, è piuttosto basso, per cui difficilmente si raggiunge la soglia fisiologica di tolleranza.
Tuttavia è possibile che si verifichi un sovra-dosaggio di questo composto, che si manifesta con i seguenti sintomi:
In presenza di queste manifestazioni è necessario interrompere subito l’impiego di integratori, limitando anche l’assunzione di alimenti contenenti la vitamina.
I danni derivanti dal sovra-dosaggio sono comunque reversibili e consentono di eliminare i sintomi ad esso associati in breve tempo.
La vitamina D è un composto naturale e dotato di un’ottima bio-compatibilità, per cui non presenta nessuna controindicazione, a patto di rispettarne i dosaggi.
Infatti soltanto in rari casi è possibile che si manifestino segnali patologici reversibili e derivanti da un accumulo plasmatico della molecola.
Gli unici casi in cui è necessario valutare se fare uso di integratori vitaminici di questo tipo sono i seguenti:
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