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Lo stress ossidativo consiste in uno squilibrio nella concentrazione dell’ossigeno a livello delle cellule, derivante da modificazioni sia in entrata che in uscita.
L’insieme delle reazioni di ossidoriduzione che avvengono nei tessuti e a livello cellulare sono finalizzate a mantenere una concentrazione fisiologica di ossigeno, infatti quando tale concentrazione si altera in maniera significativa, insorgono modificazioni dell’omeostasi che possono causare la morte cellulare.
In questi casi si parla di squilibrio redox, che è il risultato di un insieme di reazioni biochimiche a catena, tutte collegate all’ossigeno.
Lo stress ossidativo è strettamente collegato alla presenza dei radicali liberi dell’ossigeno (ROS) e dell’azoto (RNS); ossigeno e azoto sono due delle quattro molecole fondamentali per la sopravvivenza, insieme all’azoto e al carbonio.
Lo stress ossidativo è quasi sempre la conseguenza di reazioni chimiche instabili, che portano alla produzione di composti nocivi.
In condizioni fisiologiche, l’organismo riesce a fare fronte a questa condizione anomala, riportando le cellule a uno stato di equilibrio per quanto riguarda la concentrazione di ossigeno in rapporto a idrogeno, azoto e carbonio.
Il bersaglio dell’attività ossidante è costituito principalmente da tre gruppi di composti chimici, che sono:
Quando le conseguenze dello stress ossidativo hanno compromesso in maniera irreversibile le funzioni vitali della cellula, vengono attivati i meccanismi di apoptosi, consistenti in un suicidio programmato degli elementi cellulari.
La cellula infatti quando non è in grado di reagire agli squilibri delle concentrazioni di ossigeno, va incontro a fenomeni regressivi che confluiscono nella necrosi.
Se invece i danni sono di entità media e quindi tale da consentire una riparazione, le cellule non muoiono ma invecchiano più precocemente, provocando fenomeni di senescenza anticipata associati a disordini degenerativi di varia natura.
Lo stress ossidativo è un concetto ipotizzato per la prima volta nel 1956 da un biochimico (D. Harman), per indicare una situazione patologica delle cellule provocata dallo squilibrio fisiologico tra produzione ed eliminazione di composti ossidanti.
Seguendo questa teoria, qualsiasi forma di vita mantiene un ambiente favorevole all’interno delle cellule sfruttando l’attività catalitica degli enzimi.
Quando insorgono alterazioni di un simile equilibrio, aumenta la produzione di radicali liberi, che danneggiano le molecole presenti nella cellula e in particolare gli acidi nucleici, i fosfolipidi e le proteine.
In concentrazioni normali, i radicali liberi svolgono funzioni vantaggiose per l’organismo poiché lo difendono dall’attacco di batteri e di agenti patogeni potenzialmente molto pericolosi.
Quando però la concentrazione dei radicali liberi supera la soglia fisiologica, insorge lo stress ossidativo, che secondo le più recenti linee guida viene associato a più di 100 malattie umane, tra cui ipertensione arteriosa, aterosclerosi, morbo di Parkinson, sindrome di Alzheimer, diabete, artrite, colite, favismo, eccetera.
Oltre a questi disturbi, lo stress ossidativo è responsabile dell’invecchiamento precoce e di immunosoppressione.
Non bisogna pensare che lo stress ossidativo dipenda unicamente dall’iperproduzione dei radicali liberi, poiché esso può essere causato anche da elementi come lo zolfo, il cloro (sotto forma di acido ipocloroso) e il perossido di idrogeno.
Le cause responsabili dello stress ossidativo sono numerose e piuttosto complesse, anche perché il loro studio è stato affrontato in maniera approfondita soltanto negli ultimi decenni e quindi non è disponibile una casistica sufficiente per confermare con certezza le teorie finora ipotizzate.
Alcune cause certe sono le seguenti:
Esiste una stretta correlazione tra stress ossidativo ed infiammazione, poiché la catena patogenetica che nasce dallo squilibrio della concentrazione di ossigeno, spesso termina nella produzione di citochine.
Valutare i livelli di stress ossidativo in rapporto all’infiammazione, è un presupposto fondamentale per identificare e curare gli agenti patogeni di numerose malattie, evidenziando anche i fattori di rischio ad esse collegati.
Negli ultimi tempi, la ricerca clinica ha evidenziato come patologie croniche degenerative di natura infiammatoria, come le malattie autoimmuni, l’artrite reumatoide e la glomerulonefrite sono riconducibili allo stress ossidativo.
Infatti nel corso dei processi infiammatori aumenta la liberazione di granulociti e macrofagi (elementi della serie bianca del sangue), responsabili della produzione di radicali liberi.
Quando le specie ossidanti modificano l’equilibrio ossidativo provocano conseguenze dannose a livello infiammatorio.
Le principali malattie infiammatorie collegate allo stress ossidativo sono:
In tutti questi casi sono coinvolte le interleuchine, molecole tipiche dei processi flogistici, la cui concentrazione aumenta in maniera significativa quando la quantità di radicali liberi è superiore alla soglia fisiologica.
Un altro gruppo di molecole coinvolte nelle infiammazioni è quello delle prostaglandine, anch’esse presenti in concentrazioni elevate quando lo stress ossidativo ha colpito l’organismo.
Lo stress ossidativo e l’infiammazione cronica sono quindi due concause di alcune patologie degenerative, come cardiopatie, fibromialgia e, secondo i più recenti dati scientifici, anche tumori.
Lo stress ossidativo diventa conclamato quando la concentrazione dei radicali liberi è talmente elevata da non essere più compensata mediante i meccanismi fisiologici di controllo.
È proprio in questi casi che si innesca una reazione infiammatoria chiamata “FIM” (First Infiammatory Movement), che può evolversi in vera e propria patologia oppure regredire per compensazione metabolica.
A questo proposito, si rivela di estrema importanza la prevenzione
L’invecchiamento è un processo fisiologico che coinvolge tutti gli esseri viventi attraverso il metabolismo energetico che si svolge a livello mitocondriale.
È proprio nei mitocondri che iniziano le reazioni ossidative necessarie per produrre l’energia indispensabile alla vita.
L’attività ossidativa mitocondriale porta anche alla produzione di radicali liberi, che se non adeguatamente controllati mediante fattori antiossidanti, può andare fuori controllo provocando lo stress ossidativo.
Di conseguenza insorge un danno mitocondriale tipico dell’invecchiamento cellulare, consistente nella progressiva degenerazione di cellule e tessuti.
Secondo numerose ricerche scientifiche, esiste uno stretto collegamento tra invecchiamento e radicali liberi mitocondriali, confermato anche da alcune patologie degenerative come il morbo di Alzheimer.
È indubbio che il processo di senescenza cellulare è un evento multifattoriale, che non deriva soltanto dallo stress ossidativo ma anche da numerose modificazioni metaboliche delle cellule.
A seconda della concentrazione dei radicali liberi e quindi dal diverso grado di coinvolgimento cellulare, le cellule possono andare incontro ad apoptosi (suicidio programmato) quando non è più possibile un recupero delle funzioni vitali, oppure a un processo di invecchiamento se il margine di reattività è ancora compatibile con la vita.
Queste osservazioni hanno consentito di valorizzare il ruolo dei composti antiossidanti non soltanto nella prevenzione di numerose patologie ma anche nel rallentamento dei processi di senescenza delle cellule.
È ormai assodato che soltanto un terzo dei fattori responsabili dell’invecchiamento cellulare è di origine genetica e quindi immodificabile, mentre i restanti due terzi derivano da agenti esterni come l’aumento dello stress ossidativo.
I radicali liberi infatti sono composti instabili che modificano facilmente la loro struttura e che quindi si mostrano particolarmente aggressivi nei confronti delle cellule.
La loro produzione deriva da fenomeni di ossidazione, responsabili di danni a carico delle molecole di acidi nucleici: sono proprio questi acidi nucleici a provocare l’invecchiamento delle cellule, che dipende da mutazioni del patrimonio genetico.
Il principale bersaglio dello stress ossidativo è rappresentato dai fosfolipidi di membrana, che, quando vengono modificati, non riescono più a bloccare l’ingresso dei radicali liberi all’interno delle cellule, causando la loro senescenza precoce.
Per misurare lo stress ossidativo sono disponibili indagini quantitative conosciute come BAP test (Biological Antioxidant Potenzial), che misurano la componente totale antiossidante presente nel sangue.
Alternativamente, è possibile utilizzare il ROM test (Reactive Oxygen Metabolites), che misura lo stato di ossidazione del sangue in determinate condizioni.
Quando questo valore supera 300 unità, significa che il fattore di rischio per lo stress ossidativo è elevato, e quindi è consigliabile intervenire con adeguati rimedi.
I radicali liberi sono composti instabili contenenti ossigeno, dotati di un’elevata reattività poiché in essi è presente almeno un elettrone spaiato.
La loro tendenza è quella di ritornare a un equilibrio stabile, sottraendo ad altri composti l’elettrone necessario per pareggiare la propria carica elettrica.
I meccanismi mitocondriali coinvolti nella produzione di energia sono anche i principali fattori che portano alla sintesi di radicali liberi.
In condizioni fisiologiche i radicali liberi svolgono un compito utile all’organismo, poiché supportano la sua reattività nei confronti di numerosi germi infettanti e modificazioni metaboliche cellulari.
Nel momento in cui la loro concentrazione aumenta, superando la soglia fisiologica, si mettono in atto meccanismi difensivi finalizzati a eliminare il surplus.
Quando questi meccanismi non sono sufficienti, viene alterato l’equilibrio metabolico e si instaura il fenomeno conosciuto come stress ossidativo, dannoso sotto molteplici aspetti.
Il ruolo dei radicali liberi è quindi ambivalente e limitato da fattori quantitativi, infatti a concentrazioni fisiologiche essi sono utili all’organismo, mentre in caso di iperproduzione diventano nocivi e devono essere eliminati.
Anche se l’organismo è dotato di meccanismi di controllo estremamente perfezionati e soprattutto sensibili alle minime variazioni di concentrazione, i radicali liberi possono rimanere per un certo periodo in concentrazioni pericolose.
I principali sistemi di difesa contro lo stress ossidativo sono di tipo enzimatico e non enzimatico: nel primo gruppo sono compresi enzimi come glutatione perossidasi, catalasi e ossido dismutasi, nel secondo gruppo si trovano principalmente polifenoli e vitamine A, C ed E.
Queste barriere antiossidanti proteggono le cellule dall’attacco dei radicali liberi, formando un vero e proprio muro invalicabile che impedisce ai composti di superare la membrana cellulare.
Per garantire un corretto svolgimento difensivo contro i radicali liberi, è necessario curare con particolare attenzione il regime alimentare, migliorare lo stile di vita eliminando il contatto con sostanze inquinanti e fattori ambientali nocivi, e assumere integratori specifici, la cui formulazione è stata studiata proprio per potenziare le difese antiossidanti.
Per aumentare la capacità protettiva di barriera, un supporto particolarmente valido è offerto dagli integratori nutraceutici, tra cui quelli contenenti glicina, acido glutammico, cisteina e glutatione.
In particolare il glutatione è un composto che svolge un ruolo fondamentale anche nella terza età, per rallentare i processi di invecchiamento cellulare.
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